Un gruppo di ricerca congiunto UniMC – UnivPM ha analizzato come gli Atenei marchigiani, le imprese locali e la Regione Marche hanno collaborato per realizzare percorsi di dottorato a caratterizzazione industriale allo scopo di incentivare l’occupazione dei giovani ricercatori sul territorio regionale e favorire l’innovazione delle imprese.
Negli ultimi anni, i dottorati a caratterizzazione industriale – programmi di dottorato che possono coinvolgere università, imprese ed enti pubblici – hanno registrato una crescita costante a livello globale. Questi percorsi offrono alle dottorande e ai dottorandi la possibilità di vivere un’esperienza al di fuori dell’ambiente accademico e acquisire competenze trasversali e imprenditoriali. Inoltre, questi dottorati permettono alle università di rafforzare la collaborazione con gli attori dell’ecosistema dell’innovazione, promuovere l’occupazione dei dottori di ricerca in contesti diversi dall’accademia e contribuire alla capacità di innovazione delle imprese.
Nel 2012 la Regione Marche è stata tra le prime regioni italiane ad avviare un programma di dottorato a caratterizzazione industriale, il programma Eureka, in collaborazione con i quattro Atenei marchigiani – l’Università degli Studi di Macerata, l’Università Politecnica delle Marche, l’Università degli Studi di Urbino e l’Università degli Studi di Camerino – e oltre 200 imprese con sede nel territorio regionale. Il programma ha finanziando quasi 500 borse di dottorato di ricerca tra il 2012 e il 2020.
Lorenzo Compagnucci e Francesca Spigarelli dell’Università di Macerata e Francesco Perugini e Donato Iacobucci dell’Università Politecnica delle Marche hanno condotto un’analisi empirica per valutare i risultati delle nove edizioni del programma Eureka che presenta caratteristiche peculiari rispetto al panorama nazionale ed europeo. La ricerca valuta l’impatto del programma Eureka sull’occupazione dei dottori di ricerca e presenta le caratteristiche delle imprese che hanno cofinanziato le borse di dottorato. Inoltre, l’analisi suggerisce una selezione di implicazioni per contribuire all’attuazione di futuri programmi di natura simile. La ricerca è intitolata Industrial doctorates for regional development: the case of Le Marche Region ed è stata pubblicata nella rivista internazionale Studies in Higher Education.
Il progetto Eureka
«Il progetto Eureka risponde a due obiettivi: il primo è aumentare la capacità di innovazione soprattutto delle piccole e medie imprese. Il secondo obiettivo è favorire l’occupazione dei dottori di ricerca anche al di fuori del contesto accademico, cercando di trattenere talenti sul territorio della Regione», spiega Lorenzo Compagnucci, ricercatore in economia applicata del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Macerata, che ha vissuto in prima persona l’esperienza.
«Il caso della Regione Marche è andato subito all’attenzione della Commissione europea che l’ha identificato come buona pratica diretta a rafforzare il collegamento tra mondo accademico e tessuto imprenditoriale».
Negli anni è stato modificato lo schema di cofinanziamento delle borse di dottorato a cui partecipano una delle quattro Università, la Regione e un’impresa locale che condividono il tema di ricerca. In genere i dottorandi trascorrono metà del loro tempo lavorando presso l’azienda. Inoltre, svolgono attività di ricerca e seguono le attività formative presso l’università. Questo significa che i dottorandi sperimentano ritmi, esigenze e interessi diversi che contraddistinguono il lavoro in accademia e quello in azienda. I dottorandi si trovano all’intersezione tra apprendimento, creazione di nuova conoscenza e il trasferimento della stessa alle imprese e alla società. Infatti, «il dottorando può svolgere le attività in reparti dell’impresa come l’amministrazione e i laboratori, può relazionarsi con i clienti e svolgere periodi di mobilità presso partner ed eventi internazionali. Le attività pratiche variano in base al settore e alle caratteristiche dell’impresa, al percorso di dottorato e al progetto di ricerca. Ogni dottorato è un percorso con caratteristiche peculiari dove giocano un ruolo fondamentale la relazione tra il dottorando, il supervisore accademico e il supervisore aziendale», chiarisce Compagnucci.
I risultati della ricerca
Lo studio ha evidenziato che la collaborazione tra università e imprese è stata rafforzata. Inoltre, i risultati hanno dimostrato come l’obiettivo di trattenere un numero consistente di dottoresse e dottori di ricerca sul territorio regionale sia stato raggiunto in modo soddisfacente.
Tuttavia, sono emerse alcune criticità relative ad altri aspetti: una percentuale di dottori di ricerca superiore alla media nazionale ha trovato occupazione in ambito accademico anziché in azienda. Inoltre, solo una percentuale esigua dei dottori di ricerca ha continuato a lavorare presso l’impresa che ha cofinanziato la borsa di dottorato.
Va segnalato che a finanziare le borse sono state spesso imprese già vicine all’Università, sia geograficamente – la sede è in molti casi all’interno dello stesso comune dell’Università cofinanziatrice – sia per legami preesistenti. Ciò dimostra che «c’è ancora lavoro da fare sul piano istituzionale e culturale per avvicinare sia le imprese, sia i docenti, a questi percorsi di ricerca applicata. Sia il governo regionale sia le Università dovrebbero farsi promotori di azioni di informazione per quelle imprese che, ad oggi, non sono state raggiunte e non sono a conoscenza dei potenziali benefici di questo programma e altri simili».
È interessante notare che i progetti di ricerca hanno riguardato sia le discipline afferenti al settore scientifico, tecnologico, ingegneristico e matematico sia le scienze sociali e umane. Ciò testimonia che questi percorsi vanno verso un significato più ampio di dottorato industriale.
Prospettive future
Il prossimo passo sarà confrontare i risultati occupazionali tra chi ha svolto un dottorato a caratterizzazione industriale e chi uno tradizionale per comprendere meglio le differenze relative al settore di occupazione, alle tempistiche relative al primo impiego e alla retribuzione percepita. Inoltre, sarà cruciale approfondire il punto di vista delle imprese: «vorremmo avviare un’indagine di tipo più qualitativo coinvolgendo le imprese che hanno cofinanziato le borse di dottorato: in letteratura la prospettiva delle imprese non è stata approfondita in maniera adeguata», rivela Compagnucci.
Nonostante i programmi di dottorato industriali si siano diffusi ampiamente negli ultimi anni, restano ostacoli culturali e istituzionali che ne limitano il potenziale. Una parte del mondo accademico guarda con diffidenza a questa tipologia di dottorati, ritenuti poco qualificanti o addirittura contrapposti al dottorato tradizionale. Alcune aziende non hanno compreso pienamente gli obiettivi, le tempistiche e le esigenze connesse all’attività di ricerca. Talvolta le amministrazioni regionali e nazionali nutrono aspettative eccessive nei confronti del contributo che i dottorandi e le università possono offrire alla crescita economica. In realtà questi percorsi hanno importanti potenzialità anche sul piano della crescita scientifica, sociale e dello sviluppo sostenibile, aspetti non sempre facilmente misurabili.