L’Alta Valle del Metauro tra ieri e oggi rivelata dagli scavi UniMc condotti dall’archeologa Emanuela Stortoni
Tifernum Mataurense era un municipio appenninico romano, situato sull’alta valle del Metauro, a 35 km circa ad ovest da Urbino, nell’odierna cittadina di Sant’Angelo in Vado. Sembrerebbe una realtà di poco conto in apparenza, ma la sua posizione, che vede a pochi km il passaggio della via Flaminia, la rese per secoli uno snodo importante, sia tra i due mari – Adriatico e Tirreno – che nel passaggio nord-sud; ciò senza contare gli importanti ritrovamenti che in quasi 25 anni di scavi questo luogo ha regalato. Infatti oggi Tifernum Mataurense è un ricco e interessante sito di ricerca archeologica, in cui lavora l’equipe dell’Università di Macerata condotta da Emanuela Stortoni, docente di archeologia e direttrice degli scavi . A giugno partirà la 23a campagna di scavo: l’occasione per svelare aspetti inediti di questo particolare luogo e permettere a studentesse e studenti di toccare con mano un mestiere lontano dal luogo comune dell’Indiana Jones, profondamente attuale e interdisciplinare.
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Cosa è stato trovato nel sito?
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«Una delle parti più sorprendenti del sito consiste sicuramente nel vasto complesso delle terme romane – spiega la professoressa Stortoni -, datate tra il II e il I sec a.C., composto da un’alternanza di ambienti caldi e freddi, oltre che da elaborati mosaici policromi, raffiguranti temi mitologici legati al mondo marino, insieme a piante e animali, anche esotici, come tipico del gusto romano. Sorprende vedere una struttura del genere in una piccola realtà italica: ciò rende l’idea sia dell’importanza del luogo, che della profonda romanizzazione che ha subito nel tempo.
Oltre alle terme, tra il 2004 e il 2005 è stata rinvenuta una delle più sontuose domus aristocratiche romane, datata in un arco di tempo che va dall’età augustea fino a quella costantiniana, con testimonianze anche di una fase tardo-antica. Definita convenzionalmente “Domus del mito”, consiste in più di 2000 m2 – di cui la metà ancora da scavare – articolati, al momento, in 27 vani, pavimentati con mosaici policromi raffiguranti, come da nome, scene e personaggi del mito, insieme a scene di genere, con animali, piante e scene di caccia. La casa quindi è teatro della rappresentazione del padrone, di cui non conosciamo nulla, se non la sua ricchezza»
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Perché ha scelto di concentrarsi proprio su Tifernum Mataurense? Cosa può portare lo studio di questo sito?
«Innanzitutto lo studio consente di conoscere le modalità e l’evoluzione dell’edilizia romana, sia pubblica che privata, e di approfondire la conoscenza di edifici come terme e domus nel Centro Italia; inoltre si ha la possibilità di approfondire importanti aspetti sull’organizzazione urbanistica nell’area italica, anche nel periodo pre-romano, e di rispondere a domande del tipo: come ha agito la romanizzazione in territori che fino al III sec a.C. erano completamente italici? Come e in che misura, in poco più di un secolo, i romani siano riusciti a permeare nel profondo di queste comunità montane, nella cultura, negli usi e nei costumi, oltre che nelle istituzioni?»
Come viene svolta la valorizzazione del sito e che rapporto c’è con la comunità locale?
«Abbiamo davanti un territorio dal potenziale turistico enorme: in cui i beni archeologici si uniscono all’enogastronomia, al paesaggio e alla ricchezza nell’artigianato.
Pensiamo che l’archeologia possa essere un motore di sviluppo sostenibile, e per la costruzione di un’identità culturale comunitaria: delle radici a cui la comunità può aggrapparsi e in cui riconoscersi.
Ogni estate organizziamo eventi culturali e di valorizzazione del territorio, come incontri-dibattito, visite guidate, ma anche aperitivi e concerti di musica antica – sempre con rigore scientifico. Sono occasioni in cui l’archeologia si intreccia con la storia dell’economia e dei costumi locali. Parlare in modo anche suggestivo, immersivo, fare la cosiddetta public archeology, non significa “svendere” il sito, bensì renderlo un bene di tutta la comunità, quale è e quale dovrebbe essere. Lavoriamo anche con le scuole di ogni ordine e grado, attraverso lezioni sia teoriche in aula, che esperienziali sul sito: raggiungere le scuole non significa solo raggiungere la futura generazione, quella che ci governerà, ma significa anche raggiungere l’altra parte di quel mondo, ossia i genitori, gli insegnanti e tutto il mondo adulto. È poi una grande soddisfazione avere il supporto della comunità e riscontrare tutta la sua vitalità».