Gli studi che coinvolgono persone con disabilità sono ancora pochi. Il TincTec dell’Università di Macerata connette ricerca empirica, teorica e applicativa. Tra le prossime novità: un’aula immersiva con pareti interattive

Dietro l’acronimo TincTec c’è un centro di ricerca in didattica, disabilità, inclusione e tecnologie educative (“Research center of teching and learning, inclusion, disability, and educational technology”) volto alla Ricerca-Azione, una prospettiva in cui ricerca empirica, teorica e applicativa sono attività connesse tra loro, promulgate dal personale afferente non solo del Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università di Macerata, ma anche da docenti di altri Atenei, come l’Università Politecnica delle Marche. Si configura come un luogo di incontro tra ricerca e territorio, in cui osservare direttamente l’impatto che la prima può avere sulla collettività e, al tempo stesso, TincTec è un’opportunità per ascoltare e lavorare su quei bisogni trascurati dalle Istituzioni o a cui la ricerca non presta particolare attenzione. Questo perché il centro si interfaccia con associazioni, enti del territorio, scuole, famiglie e studenti . La ricerca nasce dall’osservazione della realtà, per trovare soluzioni che la facilitino. 

TincTec è un centro con forte competenza per le disabilità sensoriali e intellettive, disturbi specifici dell’apprendimento e disturbi comportamentali. Silvia Ceccacci, ingegnere e ricercatrice in metodi e strumenti di progettazione per l’ingegneria industriale, fa parte del team dal 2002, quindi da quando la ricerca, in ambito di realtà virtuale, era denominata “prototipazione di realtà virtuale”. Oggi, da strumento di revisione del design è divenuto mezzo a sé, votato all’ambito educational.

Nel TincTec troviamo dispositivi a supporto delle disabilità intellettive e motorie per permettere un’interazione con il Personal Computer, ad esempio stampanti Braille o interfacce alternative alle periferiche PC, come la trackball.

Si tratta di strumenti, veri e propri mezzi, per aumentare l’interazione con il digitale attraverso un oggetto fisico. Il cosiddetto approccio phygital o figital è una modalità che unisce la presenza fisica alla dimensione digitale, ovvero si arricchisce l’esperienza digitale con il contatto fisico. E viceversa.

Le tecnologie non sono sempre inclusive

La pratica basata sulle evidenze, per gli anglofoni l’Evidence-based practice, esprime un risultato non unanime per quanto riguarda gli effetti di tali tecnologie sull’apprendimento unitamente alla scarsità di studi in cui, nella sperimentazione, sono state coinvolte persone con disabilità. L’utilizzo di visori per la realtà aumentata o, più generalmente, di device da indossare è vietato ai minori di dieci anni di età e viene rigettato da quegli studenti con disabilità intellettiva. E questi sono solo i primi motivi per cui lo strumento non è inclusivo. Rimarrebbero esclusi gli alunni con disabilità visiva o sensoriale, trattandosi di un device prettamente volto alla stimolazione dei canali visivi, oltre a promulgare una didattica dell’individualità in cui ogni soggetto interagisce nel mondo digitale in autonomia, con tutte le problematiche derivanti da ciò.

Una soluzione c’è. E verrà inaugurata entro la fine del 2024, proprio al laboratorio TincTec dell’Università di Macerata. Una stanza immersiva dalle dimensioni raccolte – 3,30 per 3,30 metri – con tre pareti interattive e pavimento proiettabile grazie ai sensori lidar, capaci di mappare la profondità e l’ambiente per individuare, a seconda della distanza del sensore, eventuali interazioni con il materiale didattico tradizionale.

Secondo Ceccacci sarà “Un’aula per la didattica innovativa” in cui i partecipanti – studenti e insegnante – saranno ugualmente e sincronicamente coinvolti; il docente, finalmente, potrà rivestire il suo ruolo di facilitatore anche nell’ambiente Figital, potendo esercitare in quest’aula interattiva un tipo di controllo impensabile nelle esperienze con i visori.

Immagine estrapolata dal video “Google Earth in an Immersive Meeting Room”

Qui, l’idea è di abbattere ogni tipo di barriera, favorire la reale – anche se nell’esperienza digitale – inclusione di persone con disabilità intellettiva e sensoriali. Ma anche sopperire al gap di competenze digitali spesso lamentate dal personale docente, favorendo un CSM – Content Management System – che consenta di presentare dei contenuti digitali immersivi all’interno di un prodotto, l’ambiente-classe, chiuso e adattabile sia al tipo di target cui è destinato che allo stile di insegnamento del docente.

Immagine estrapolata dal video “The Immersive Room – The Future Classroom is Here”

Qui, al TincTec, la tecnologia è mezzo e strumento di inclusione.