L’esperienza dei partecipanti a “Looking China”, il concorso internazionale di produzione cinematografica che racconta aspetti inediti del gigante asiatico.

Con “Looking China” studenti universitari internazionali vengono invitati a trascorrere un periodo di tempo in Cina, dove lavorano a stretto contatto con filmmaker professionisti cinesi per creare documentari che esplorano la cultura, la società e la vita quotidiana del paese.

Sono stati necessari cinque anni affinché il progetto tornasse a svolgersi nella sua formula originaria dopo l’edizione del 2019 nella quale uno studente italiano, Andrea Vallero, aveva conquistato il primo premio assoluto al “Gold Lenses Award” e un altro studente del team UniMC, Saverio Serini, aveva conquistato il premio speciale “Excellence Award”.

Francesco Cardinali, docente del dipartimento di Scienze politiche, della comunicazione e relazioni internazionali dell’Università di Macerata, è rientrato da Wuxi dove si è svolta la Jiangsu Edition del progetto e, con il suo racconto, guardiamo anche noi verso Oriente.

Buongiorno Francesco, innanzitutto bentornato, potresti spiegare ai lettori di RicercaMag cos’è Looking China e quale legame c’è con l’Università di Macerata?

Il team di videomaker UniMc

Looking China è un progetto di videomaking internazionale, organizzato dalla AICCC – Academy for International Communication of Chinese Culture e dalla Beijing Normal University. L’idea, promossa e finanziata dalla Cina, è quella di invitare studenti di film school e università di tutto il mondo a girare un documentario nel Regno di Mezzo per offrire uno sguardo sull’attuale realtà cinese vista attraverso le lenti e la sensibilità di giovani filmmaker occidentali.

Il China Center di UniMC, in virtù dei profondi legami storici e accademici di Macerata con la Cina, è partner responsabile del progetto di cui cura la rappresentanza italiana. Per quanto mi riguarda, dal 2017, mi occupo dell’organizzazione, della selezione degli studenti e sono supervisore sul campo di Looking China nella destinazione che ci viene assegnata. Quella di quest’anno è stata la mia quarta esperienza in Cina come supervisore internazionale.

Quali sono i tuoi compiti come supervisore?

Ogni anno gli organizzatori cinesi scelgono un tema generale – quest’anno era ”Wanderlust, gastronomy, landscapes” – e lo comunicano alle varie università partner nel mondo. Per l’Italia il compito spetta a UniMC e quindi il mio primo lavoro, dopo aver conosciuto la destinazione, che è sempre diversa, è quello di selezionare i cinque studenti italiani che parteciperanno a questa esperienza. Una volta a destinazione si aggiungono al team altri cinque studenti internazionali, selezionati direttamente dagli organizzatori.

Il mio compito è quello di supervisionare e affiancare un gruppo di dieci studenti che dovranno ciascuno ideare, girare ed editare il loro documentario sull’argomento scelto in un elenco di topic, prima della partenza.

Oltre questo, poi, ci sono le attività di cerimoniale e quelle didattiche, sia verso gli studenti internazionali che i loro partner cinesi, cioè i director e i producer dei documentari.

Foto di gruppo per il team Unimc al Looking China 2024

Ti occupi del progetto dal 2017, secondo te qual è l’aspetto più complicato per gli studenti?

Come prevede la Call for Application, questi giovani studenti visitano la Cina per la prima volta e, in più, non si conoscono fra loro e si trovano a lavorare seguendo un calendario molto impegnativo al fine di realizzare, in meno di tre settimane, un documentario di dodici minuti circa, curandone ogni aspetto: sceneggiatura, riprese, interviste, editing, scelta delle musiche, etc. Può essere complicato, sì, ma è anche bellissimo, formativo e “unico” fare una simile esperienza.

L’unicità di Looking China sta proprio nella richiesta rivolta agli studenti: raccontare ciò che vedono per la prima volta, una cultura lontana dalla loro e in cui si trovano, improvvisamente, totalmente immersi. A tutto questo va aggiunto l’impatto con l’ambiente universitario cinese, visto che in ogni edizione del progetto viviamo nei campus degli atenei che ci ospitano.

Quest’anno eravamo alla Jiangnan University di Wuxi e nel loro campus, fra i palazzi dei dipartimenti, dormitori, mense, giardini, laghi, impianti sportivi, vivono, studiano e lavorano circa 35.000 persone, fra studenti, personale e docenti. Insomma, da qualsiasi nazione si provenga, per gli studenti è tutto molto diverso rispetto alle abitudini di casa.

Dieci documentari. Dieci studenti. Dieci angolazioni. Molteplici location, innumerevoli ore di lavoro, tagli e montaggi, tutto per raccontare e raccogliere il punto di vista occidentale sulla cultura cinese. I documentari sono stati proiettati alla cerimonia conclusiva del progetto. Come sono stati accolti dal pubblico?

Sì, la Screening Ceremony, che quest’anno si è svolta nella Library della Jiangnan University, l’edificio più imponente del campus, è sempre il momento più emozionante, quando il frenetico lavoro di tre settimane viene mostrato al pubblico e anche al primo giudizio dei docenti locali e degli organizzatori dell’AICCC che vengono da Pechino per l’occasione.

I dieci documentari affrontavano temi molto diversi fra loro, che ogni studente ha raccontato con il proprio stile di narrazione e regia.

Quest’anno sono piovuti complimenti: il livello dei dieci documentari prodotti è, e lo dico con grande soddisfazione, molto alto.

Un via di una città cinese affollata di persone con decori e lanterne

 ”Wanderlust, gastronomy, landscapes”, questo era il tema generale dell’edizione 2024. Puoi darci una panoramica dei singoli topic?

Il tema generale, ogni anno, suggerisce solo una prospettiva. I singoli topic, cioè le dieci storie da raccontare, ne devono tenere conto ma, come si è detto, sono molto diverse fra loro.

Quest’anno le storie riguardavano un villaggio in cui si produce uno dei té migliori del mondo, l’arte del Kintsugi, quella del ricamo cinese che sta evolvendo verso una nuova modernità, la storia di un falegname poeta che produce arredamenti tradizionali ispirati dalla natura, il percorso artistico di un noto fotografo giapponese a venti anni dal suo primo reportage a Nanjing, storie di vita dalle rive del Taihu Lake alla Huibin Commercial Street, l’eredità artistica di una famiglia giunta alla terza generazione di illustratori, le attività di volontariato del Blue Sky Rescue Team, la filosofia taoista di un noto medico tradizionale e, infine, le storie di lavoratori e visitatori del parco Juilongwan Flower Planet.

Insomma, tanti argomenti diversi, tante emozioni, tante cose da scoprire.

È prevista una proiezione dei dieci documentari a Macerata?

Certamente! A breve sarà organizzata una serata e la proiezione di tutti i dieci documentari di Looking China 2024 – Jiangsu Edition a Macerata, e saranno mostrati anche i “nostri” due documentari premiati nel 2019. Naturalmente la redazione di RicercaMag e il Social Media Team di UniMC saranno immediatamente informati!

La Call for Application, solitamente, si apre fra ottobre e dicembre. Quale consiglio daresti a chi volesse partecipare a Looking China 2025?

Il primo consiglio, anche se non si hanno viaggi in programma, è avere il passaporto, che non si sa mai… Battute a parte, naturalmente sono richieste competenze nella realizzazione di riprese e montaggio video, ma soprattutto quello che serve è la curiosità del viaggiatore, la voglia di scoprire una cultura affascinante e la capacità di saper “inventare una storia vera”, che è la migliore definizione di quei video che chiamiamo documentari.

Grazie all’esperienza sul campo del professor Francesco Cardinali abbiamo potuto sbirciare quanto è avvenuto in Cina dal 24 aprile al 13 maggio 2024, intravedere come la meraviglia del viaggio, della tradizione culinaria e dei paesaggi più tradizionali – facendo eco al tema di Looking China 2024 – possa catturare l’attenzione e ispirare la creatività di chi, durante i suoi studi universitari, volge per la prima volta lo sguardo a Oriente.

La squadra Unimc con gli altri studenti internazionali