Gli orti urbani come strumento di benessere e socialità. L’obiettivo: norme snelle e chiare per incentivarli
Coltivare il benessere, anche in città. Presentate a Tipicità 2024 nell’incontro “Invecchiamento attivo e agricoltura urbana” le nuove iniziative di ricerca dell’Università di Macerata sull’agricoltura urbana, e in particolare sul suo ruolo nel garantire, alle categorie più fragili come all’intera comunità, il diritto inalienabile al benessere e a un invecchiamento sano. Il lavoro si muove all’interno di SAFINA, il settimo ambito – spoke – del progetto VITALITY, in cui si studiano programmi e soluzioni per favorire l’inclusione e il contrasto alle condizioni di fragilità.
Sono necessarie leggi per promuovere il benessere
«Nella relazione che sussiste tra le regole, i diritti e gli spazi in cui viviamo – spiega Laura Vagni, docente di Diritto Privato Comparato presso l’UniMC – l’obiettivo del nostro lavoro è quello di sostenere leggi che promuovano il benessere e la sostenibilità della vita urbana, soprattutto per gli anziani». Lo scopo quindi è quello di studiare la corretta normativa affinché le città possano essere luoghi in grado di ospitare un invecchiamento attivo, il quale necessita di spazi aperti in cui muoversi, fare e socializzare.
Fondamentale in questa direzione, come fa notare la prof.ssa Vagni, la Legge 33 del 2023, che individua le linee guida per favorire il benessere della popolazione anziana. Tra elementi come la cura della persona, la costruzione di una solida rete affettiva e il recupero degli antichi mestieri, si può tracciare una quadra guardando all’agricoltura urbana: un’agricoltura svolta su appezzamenti di terra integrati nel tessuto cittadino, i cosiddetti orti urbani, a cui un’intera comunità contribuisce. Inoltre, come racconta Serena Mariani, ricercatrice di Diritto Agrario:
«L’agricoltura urbana può giocare un ruolo strategico nel miglioramento della salute e dell’integrazione sociale di tutta la popolazione cittadina, e soprattutto delle sue componenti più fragili, come ad esempio gli anziani: favorisce lo sviluppo psico-fisico, incentiva le relazioni sociali, il dialogo intergenerazionale ed ha effetti positivi anche sull’ambiente e la vivibilità della città, dato che si vanno a promuovere gli spazi verdi».
Alcuni buoni esempi
Poiché non esiste ancora una normativa nazionale che regoli l’agricoltura urbana, è fondamentale l’operato di enti locali, privati e associazioni, le cui best practices fungono esse stesse da base per una futura regolamentazione. «Il Comune di Macerata può già contare sul suo territorio di 187 orti sociali – orti urbani senza scopo di vendita – vicini al centro storico per la terza e quarta età», come dichiara la responsabile del servizio welfare-cultura del Capoluogo Michela Tramannoni.
Di iniziativa privata è invece l’esempio portato da “Piazza degli Orti”, progetto coordinato da Luca Ceccarelli che, a Monsano (AN), coniuga orti sociali, orti in vendita e ricerca tecnologica, con lo sviluppo ad esempio di orti dal terreno più alto, proprio per facilitarne l’aratura e renderla alla portata anche dei meno esperti.
Altra pratica esemplare è quella di ANCeSCAO – Associazione Nazionale Centri Sociali, Comitati Anziani e Orti – che con oltre 280mila iscritti e 1340 centri sparsi per tutto il territorio nazionale promuove la pratica degli orti sociali, «perché proprio grazie agli orti sociali – dalle parole di Angelo Formica, presidente di ANCeSCAO Marche – si sviluppa la socializzazione si riesce a superare lo stato d’isolamento dell’anziano solo a casa».