Opere tattili, guide easy-reading, spazi d’arte inclusivi e street art: i progetti per un’arte davvero di tutti
L’arte non si capisce, o la capiscono pochi cervelloni, e i musei sono luoghi d’élite. Questo è il paradigma che per secoli ha circondato – e in alcuni casi continua a circondare – il mondo delle arti, antiche o moderne che siano. Ma la torre d’avorio si sta sgretolando, e non “per fortuna”, bensì per il lavoro e la passione di donne e uomini che negli ultimi anni stanno introducendo progetti, laboratori e spazi museali che fanno dell’accessibilità e dell’apertura alla diversità il loro principale interesse, «perché l’arte e la bellezza devono essere di tutti». Ne abbiamo parlato con relatrici e relatori d’eccezione durante la Settimana dell’Inclusione 2024.
Laboratori del fare
«Nel corso della storia – spiega Fabio Bocci dell’Università di Roma Tre – l’arte ha avuto una funzione di controllore della normalità: ha distinto cioè l’accettabile da ciò che non lo era, andando a spettacolarizzare la diversità». Ma il paradigma sta cambiando, e la disabilità – fisica o intellettiva – non è più oggetto di burla nell’opera, bensì soggetto attivo che opera, con la sua creatività»
«Abbiamo realizzato un percorso laboratoriale di 3 mesi – continua Bocci – con ragazzi adolescenti, in cui hanno lavorato ad attività artistiche, ma anche logiche e manageriali, e a detta dei familiari sono tornati trasformati, perché per la prima volta nella loro vita non li abbiamo trattati rispetto all’età mentale, ma per quella fisica».
Spazi d’arte inclusivi
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Prova del connubio vincente tra creatività e diversità anche le grafiche per la Settimana dell’Inclusione 2024, realizzate dall’associazione Ultrablu di Roma, «uno spazio artistico dove viene valorizzata ogni capacità espressiva – dalle parole del suo fondatore Virgilio Mollicone – e dove coesistere è più importante di includere»; ciò poiché non ci sono figure di educatori, o volontari, «ma gente che vuole genuinamente collaborare». L’associazione realizza inoltre gli “Ultraleggibili”: pubblicazioni che combinano arte, letteratura e accessibilità, abbattendo così le barriere alla lettura che alcune disabilità intellettive possono erigere.
Il museo per tutti
Per l’abbattimento delle barriere fisiche e intellettive, esemplare è l’operato di Palazzo Merulana: l’edificio storico, situato a Roma e rifunzionalizzato nel 2018, incarna l’idea di “museo gentile”, dove la collezione, tra web-app, opere animate e guide easy-reading, è concretamente alla portata di tutti. E concretezza è anche il mantra del Museo Tattile Statale Omero di Ancona: all’interno della celebre Mole Vanvitelliana, il museo ospita la prima collezione pubblica, di opere originali e riproduzioni, completamente accessibile al tatto. Sono rese tattili anche le guide, le brochures e tutte le immagini esposte; inoltre, molta attenzione è riservata ai laboratori didattici con associazioni e centri diurni, come alla gestione dei diversi spettri autistici.
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Street art e inclusione
Oltre alla promozione dell’inclusione, l’arte può essere anche strumento di educazione civica, e nel modo più inaspettato. Ne discute Donatella Fantozzi nel suo libro “A regola d’arte”, in cui a fare il nodo tra i due mondi sopra citati, viene una delle arti più, apparentemente, ai limiti della legalità: la street art. Infatti, la pubblicazione descrive il progetto dell’ ISC Benedettini di Stagno (LI) che ha deciso di coprire degli atti vandalici sulle pareti della scuola con i disegni di bambini e ragazzi, trasformati da semplici schizzi su carta in street art.
E perché proprio la street art sarebbe inclusiva? Come spiega la stessa autrice, lo spazio aperto, la superfice ampia e perpendicolare al terreno di cui si usufruisce, e la grandezza dei disegni – dove le piccole sbavature non sono importanti – rendono questa forma di espressione davvero adatta a tutti.
Immagine di copertina: Foto di Launde Morel su Unsplash